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martedì 24 maggio 2016

La relazione educativa

Gli educatori nello svolgere il loro lavoro sono chiamati ad instaurare relazioni educative con bambini e ragazzi. Il termine "relazione" deriva dal latino refero che è sinonimo di "connettere". Si ha una relazione quando si crea un passaggio, un'apertura fra due entità psicologiche che si mettono in comunicazione fra loro. Questo avviene soltanto se sono in posizione di apertura uno verso l'altro. La relazione diventa educativa quando uno dei due soggetti si pone in atteggiamento di guida  il cui scopo è aiutare l'altro a tirare fuori il meglio di sè. Educare infatti viene dal latino ex- ducere, ovvero "portare fuori". Le relazioni autentiche si strutturano sulla libertà di entrambi i soggetti e sul rispetto reciproco. L'obiettivo ultimo della relazione educativa è indirizzare gli studenti  verso una vita sociale regolata appunto dal rispetto reciproco, dall'ascolto e dalla comprensione.


Questa però non è la sola relazione importante da costruire a scuola, anche se è senza dubbio la principale. Un ruolo importantissimo è occupato anche dalle relazioni fra scuola e famiglia: molti studi asseriscono che quando questa è positiva e costruttiva, gli alunni raggiungono con maggiore facilità il successo scolastico. Perchè la relazione sia buona bisogna essere in grado di decentrare se stessi e porsi in apertura verso l'altro. Nella mia esperienza di insegnante ho potuto osservare che spesso purtroppo questo processo è minato dal pregiudizio: tendiamo a farci un'idea di una persona (del bambino attraverso la conoscenza del genitore oppure viceversa) che è un giudizio a priori, il quale "rinchiude in una scatola" la persona che abbiamo davanti, di cui pensiamo di conoscere caratteristiche e motivazioni, prevediamo quindi i comportamenti e interpretiamo secondo schemi nostri personali, significati che invece appartengono all'altro. Il pregiudizio uccide così la relazione e crea le incomprensioni.

La prima caratteristica di un buon educatore e insegnante deve essere la capacità di porsi in ascolto: facendo un pò di spazio nella propria mente è possibile accogliere la famiglia che ci troviamo davanti per quella che è, senza etichettarla, senza usarla per invadere l'identità del bambino... che rischiamo altrimenti di relegare dentro confini che non gli sono propri e di impedirne la crescita secondo il suo percorso, il suo tempo, il suo ritmo. Senza questa base, non può esserci tutto il resto. Una volta entrati a scuola, le credenze personali devono rimanere a casa. Nello sforzo quotidiano dobbiamo cercare di vedere la persona per quello che è: una realtà complessa, con punti di forza e difficoltà, una pluralità di richieste e qualità da mettere in atto. Una persona che si trova accolta ed ascoltata nella sua unicità affronterà il percorso scolastico del figlio con serenità, sarà in grado di chiedere aiuto quando necessario, parteciperà alle attività che verranno aperte alle famiglie volentieri. Chi troverà davanti a sè un muro invece, erigerà una barricata a sua volta, per proteggersi. La scuola non è una gara ad addossare ad altri la colpa di presunti errori: è piuttosto una strada da costruire insieme, con il solo obiettivo della realizzazione dei nostri bimbi.

(Riflessioni scaturite da una giornata di studio a proposito di questo tema presso la Società italiana di psicologia e pedagogia - SIPP- , tenuta dalla Dott.ssa Sandra Matteoli)

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